Calcio e resistenza

Chiunque si sia allenato nel corso della propria vita ha senz’altro sentito parlare, almeno una volta, di resistenza, ma che cosa si intende per resistenza? Con questa definizione si rimanda in generale alla resistenza fisica, cioè la capacità fisica di sostenere uno sforzo il più a lungo possibile, ciò riflette l’ efficienza dei sistemi energetici dato che per eseguire un qualsiasi movimento è necessaria una certa quantità di ATP (adenosina trifosfato) distribuita in un lasso di tempo, nel corso degli anni sono state date di essa diverse esplicitazioni fino ad arrivare ad individuarne diversi tipi in base a determinati criteri come, ad esempio, i muscoli coinvolti nei movimenti presi in esame, ma una distinzione rilevante viene fatta applicando la resistenza ai diversi sport che si possono praticare e in cui la ritroviamo, ci sono degli sport in cui la resistenza è fondamentale, basti pensare al ciclismo e degli sport invece dove questa rimane senza dubbio una componente importante, ma non ha un ruolo prioritario. Il calcio è uno sport di durata, in questo gioco la resistenza è più che un mezzo per contrastare la fatica o per far si che uno sforzo duri il più possibile, ma riguarda anche la prestazione che deve rimanere costante per tutta la durata della partita a prescindere dalla quantità di lavoro che si compie,“…La resistenza è la capacità di mantenere il più possibile costante la prestazione (dal punto di vista atletico, tecnico, tattico e psicologico) nonostante si sia già compiuta una grande quantità di lavoro” (da Arcelli, Assi e Sassi, 1980). In sostanza le qualità tecnico-tattiche dei giocatori devono poter essere espresse al meglio per tutto il tempo in cui si trova in campo non dimenticandoci che maggiore sarà il tempo giocato e maggiore sarà l’affaticamento che segue un andamento crescente, la resistenza eviterà che vi sia un calo di efficacia. Una partita rappresenta dunque una prestazione di lunga durata dove la fatica si accumula sia per il protrarsi dell’impegno che per l’ intensità di gioco e dove assume importanza anche la resistenza passiva cioè la capacità di recupero chi ha molta resistenza riesce a sopperire meglio ai debiti di ossigeno alattacidi e lattacidi, è un indicatore importante dato che nel calcio gli arti inferiori non sono dediti solo allo spostamento del corpo in sé, ma anche all’esecuzione e alla risoluzione di varie questioni tecnico-tattiche che si presentano inevitabilmente in partita.
Ma la resistenza come viene misurata ed allenata nella maggior parte dei casi sul campo da calcio?
La prestazione di un calciatore non segue un andamento lineare tutt’altro, in fase agonistica si trova a dover effettuare delle attività con una durata limitata e ad una intensità variabile con pause spesso brevi, troppo brevi per far si che vi sia un recupero delle energie impiegate. Durante la fase di allenamento ai giocatori vengono fatte effettuare delle corse in linea a ritmo costante con test di vario tipo come l’uso del cronometro per monitorare e valutare la velocità media, ma come abbiamo visto la partita non è un sentiero lineare in cui la velocità costante è rilevante o può darci informazioni utili sulla prestazione di resistenza dell’atleta, il giocatore deve, come un automobile in un contesto cittadino, frenare, accelerare, frenare, ripartire, il consumo di energia dipende quindi dal contesto, gli stimoli ambientali condizionano i tempi e i modi con cui viene recuperata l’ energia è solo tramite un allenamento situazionale che si può sviluppare quella che è la resistenza specifica cioè la capacità sviluppata in base all’attività sportiva svolta e che quando viene allenata richiede all’organismo sia un lavoro aerobico che anaerobico lattico, dunque sebbene limitarsi al far effettuare lunghe corse renderebbe i calciatori pronti per correre come atleti comporterebbe un impedimento nello sviluppo della velocità e della forza richieste effettivamente in partita. Un altro aspetto citato in precedenza è la capacità di recupero ossia la resistenza passiva, anche questo di grande importanza e con implicazioni sul metodo di allenamento, in particolare gli esercizi senza palla devono prevedere dei movimenti tipici che il giocatore si trova a compiere durante la competizione, in particolare si rimanda ai cambi di ritmo e di direzione, la durata e il numero delle ripetizioni e delle serie nonché la durata delle pause sono tutti elementi da organizzare con grande attenzione per ottenere un aumento della resistenza considerato che il giocatore si troverà ad eseguirli innumerevoli volte in partita. Per quanto riguarda le attività con la palla si può effettuare una divisione fra attività a basso impegno e quelle a ritmo di gara, in quelle del primo tipo le pause risultano troppo ampie dopo ogni interruzione e ciò non è sufficiente a sviluppare una resistenza passiva, mentre nelle seconde le pause sono poche, brevi programmate meticolosamente nei tempi e nei modi in modo da incrementare positivamente la capacità di recupero. Infine è bene sottolineare un aspetto importante, ma poco preso in considerazione ovvero la durata della seduta di allenamento, se la partita comporta un protrarsi dell’impegno per 90 minuti e un accumulo di fatica in questo tempo è ovvio che può ritenersi sufficiente l’ effettuare pochi allenamenti a settimana, escluso il riscaldamento l’ allenamento dovrebbe durare il più possibile e sicuramente non meno di 60 minuti per consentire agli atleti di ricevere lo stimolo necessario per innalzare il proprio livello di prestazione.
Bibliografia:
- Come la neuroscienza danno una mano a insegnare a giocare con i piedi, Calzetti e Mariucci editore Capanna
- L’allenamento fisico nel calcio, concetti e principi metodologici, edizioni correre a cura di Ferretto Ferretti
Mattia Terenzoni

Allenatore di base Uefa B
Preparatore atletico Spezia Calcio